8 marzo: Impresa Donna Confesercenti, aumentano lavoratrici autonome e dipendenti, +161mila dal 2019. Ma le imprese rosa hanno un problema di dimensioni
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L’occupazione femminile si consolida. Nel 2023 le donne lavoratrici dipendenti o autonome hanno toccato quota 9,9 milioni, circa 161mila in più rispetto al 2019. Un risultato positivo, ma purtroppo ancora fortemente inferiore a quello messo a segno dall’occupazione maschile, che nello stesso periodo aumenta di 233mila unità. Anche se, a livello regionale, non mancano le eccezioni: in otto regioni, gli occupati donna crescono più degli uomini. Così Impresa Donna Confesercenti.
Il quadro regionale. Il miglioramento del quadro nazionale del lavoro femminile, infatti, è la sintesi di andamenti differenti a livello territoriale. In sei regioni, le lavoratrici diminuiscono: Piemonte (-5mila occupate rispetto al 2019, anche se per gli uomini la flessione è peggiore), Emilia-Romagna (-9mila), Umbria (-2mila), Lazio e Molise (che perdono entrambe circa mille lavoratrici), Campania e Sardegna (entrambe -4mila). Positivo l’andamento nelle altre 14 regioni, ma con grandi differenze: si va dai mini-aumenti – nell’ordine di mille unità – delle lavoratrici in Valle D’Aosta alle +50mila registrate nel Veneto, cui va la maglia rosa per l’occupazione femminile in Italia. Complessivamente, otto regioni su venti registrano una performance migliore per l’occupazione femminile che per quella maschile.
L’imprenditoria femminile. A contribuire alla crescita, anche il rafforzamento del lavoro autonomo femminile: secondo le nostre stime, il fatturato delle microimprese – fino a 9 addetti – guidate da donne vale ormai 100 miliardi di euro l’anno. Un risultato lontano dall’esser soddisfacente: le attività femminili scontano una dimensione media inferiore – il 62% sono ditte individuali, contro il 47% di quelle maschili – e, di conseguenza, un fatturato inferiore del 40% circa rispetto alle imprese guidate da uomini.
“L’occupazione e l’imprenditoria femminile hanno fatto qualche passo in avanti, ma c’è ancora molta strada da fare per raggiungere veramente le ‘pari opportunità’. Pesano i tanti ritardi italiani sulla questione: con particolare riferimento alle donne imprenditrici, secondo il Mastercard Index of Women Entrepreneurs (MIWE) che analizza i progressi delle donne imprenditrici in 65 paesi nel mondo, l’Italia occupa la 58p posizione per l’accesso al credito, la 40a per supporto governativo alle PMI e la 57a per disponibilità di venture capital nel Paese. Risultati non da ultimi della classe, ma quasi”, commenta Barbara Quaresmini, Presidente di Impresa Donna Confesercenti.
“Negli ultimi anni ci sono stati interventi legislativi efficaci, a partire dal Fondo Impresa Femminile, le cui disponibilità andrebbero incrementate in modo strutturale. Occorre, però, fare di più: sarebbe opportuno non solo prevedere più incentivi per le donne imprenditrici, rafforzando e ampliando quelli esistenti, ma soprattutto collegarli a una progettualità imprenditoriale sufficientemente elaborata e adeguata alle sfide di oggi: bisogna sostenere le iniziative di impresa provenienti da donne e fornire loro strumenti perché esse raggiungano adeguati standard di competitività e possano crescere come quelle maschili. Perché le imprese femminili non siano un “ripiego” al lavoro dipendente, deve essere rafforzata la cultura d’impresa e messi a disposizione tutti gli strumenti necessari al work/life balance per sopperire alla mancanza di istituti per il sostegno alla maternità, all’infanzia, alla cura e all’assistenza dei familiari con disabilità o malattie, ancora oggi carenti per le lavoratrici autonome titolari di imprese commerciali e artigiane”.
Tabella: gli occupati autonomi e dipendenti in Italia per genere, in migliaia. Confronto primi tre trimestri 2019-2023. In rosso le regioni dove l’occupazione femminile registra risultati migliori di quella maschile